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sabato 29 novembre 2014

Ecco la ricetta di Lorenzo il Magnifico... i Cialdoni!

Volete realizzare proprio i CIALDONI che venivano preparati nel Rinascimento?
A darci la ricetta è proprio lo stesso Lorenzo il Magnifico nel "Canto dei cialdoni".

Metti nel vaso acqua, e farina drento
Quanta ve n’entra e mena a compimento:
quando hai menato, ei vien come un unguento,
acqua che proprio par di maccheroni.
Chi non vuole al menar presto esser stanco
Meni col dritto e non col braccio manco:
poi vi si getta quel ch’è dolce, e bianco
zucchero, e fa il menar non abbandoni                      
Convien in quel menar che cura s’aggia,
per menar forte, che di fuor non caggia:
fatto l’intriso, poi col dito assaggia,
se ti par buono, le forme al fuoco poni.
Scaldale bene, e se la forma è nuova,
il fare adagio, e ugner molto giova,
e mettivene poco prima, e prova
come riesce, e se gli getta buoni.
Ma se la forma sia usata e vecchia,
quanto tu vuoi per metter n’apparecchia,
perché ne può ricevere una secchia:
e da Bologna i romaico son buoni.
Quando lo ‘ntriso nelle forme metti,
e senti frigger, tieni i ferri stretti,
mena le forme, e scuoti, acciò s’assetti,
volgi sossopra; e fien ben cotti, e buoni.
Il troppo intriso fuori spesso avanza,
esce pei fessi, ma questo è usanza;
quando è ti par che sia fatto abbastanza,
apri le forme, e cavane i cialdoni.
Nello star troppo scema, e non già cresce;
se son ben unte, da se quasi n’esce:
e ‘l ripiegarlo allor facil riesce
caldo; e ‘n un panno bianco lo riponi.
Piglia le grattugie, p un pannuccio
Ruvido, e netta bene ogni cantuccio:
la forma è quasi una bocca di luccio,
tien nep fessi lo ‘ntriso, che vi poni.
Esser vuole il cialdone un terzo, o piue,
grosso a ragione, aveer le parti sue;
ed a fargli esser vogliono almen due
l’un tenga, e l’altro metta, e fansi buoni.
Se son ben cotti, coloriti e rossi,
son belli, e quant’un vuol mangiarne puossi,
perché se paiono ben vegnenti, e grossi,
stringendo, è son pur piccoli bocconi
Quanta ve n’entra e mena a compimento:
quando hai menato, ei vien come un unguento,
acqua che proprio par di maccheroni.
Chi non vuole al menar presto esser stanco
Meni col dritto e non col braccio manco:
poi vi si getta quel ch’è dolce, e bianco
zucchero, e fa il menar non abbandoni                      
Convien in quel menar che cura s’aggia,
per menar forte, che di fuor non caggia:
fatto l’intriso, poi col dito assaggia,
se ti par buono, le forme al fuoco poni.
Scaldale bene, e se la forma è nuova,
il fare adagio, e ugner molto giova,
e mettivene poco prima, e prova
come riesce, e se gli getta buoni.
Ma se la forma sia usata e vecchia,
quanto tu vuoi per metter n’apparecchia,
perché ne può ricevere una secchia:
e da Bologna i romaico son buoni.
Quando lo ‘ntriso nelle forme metti,
e senti frigger, tieni i ferri stretti,
mena le forme, e scuoti, acciò s’assetti,
volgi sossopra; e fien ben cotti, e buoni.
Il troppo intriso fuori spesso avanza,
esce pei fessi, ma questo è usanza;
quando è ti par che sia fatto abbastanza,
apri le forme, e cavane i cialdoni.


1 commento:

  1. Complimenti finalmente un Blog con contenuti originali frutto dell'intelletto e della ricerca dell'autrice.

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